CATEGORIE DI SOCI DELLE COOPERATIVE

Tra le peculiari caratteristiche che distinguono le cooperative dalle altre società di capitali lucrative assume particolare rilevanza la variabilità della compagine sociale. Infatti, nella società cooperativa l’ammissione dei soci è fondata sul postulato della cosiddetta “porta aperta”, che prevede la possibilità di ammettere come socio chiunque possegga i requisiti dallo statuto per il soddisfacimento del rapporto mutualistico.

Per questo motivo non vi è l’obbligo di modificare l’atto costitutivo a seguito dell’ammissione di nuovi soci, o del recesso o esclusione degli stessi. Infatti, il Codice civile dispone che l’atto costitutivo stabilisca i requisiti per l’ammissione dei nuovi soci e la relativa procedura, che deve essere basata su criteri non discriminatori. Inoltre, l’ammissione di un nuovo socio avviene, in seguito alla domanda dell’interessato, con deliberazione del Consiglio di Amministrazione, da annotarsi unicamente nel libro dei soci, senza alcuna comunicazione al Registro delle Imprese.

E’ opportuno evidenziare che l’art. 2516 c.c. sancisce il principio della parità di trattamento tra i soci con riferimento alla costituzione ed esecuzione dei rapporti mutualistici. Tuttavia, la L. 59/1992 e la stessa disciplina civilistica prevedono l’esistenza di alcune differenti categorie di soci, destinatarie di specifici diritti e obblighi.

La prima e più importante categoria è genericamente costituita dal socio cooperatore, il cui scopo è rappresentato dalla partecipazione allo scambio mutualistico definito dallo statuto sociale.

In base alle varie tipologie di scambio mutualistico, come individuate dall’art. 2512 c.c., si possono poi definire diverse sottocategorie di soci cooperatori: tra queste, si evidenziano il socio consumatore, ovvero colui che riceve beni o servizi dalla cooperativa, il socio lavoratore, che presta la propria attività di lavoro dipendente a favore della cooperativa, regolata dalla L. 142/2001, e il socio conferitore, il cui scambio mutualistico si concretizza nell’apporto o lavorazione, oppure servizi.

Una ulteriore categoria di socio cooperatore è rappresentata dal cosiddetto socio speciale, individuato dal terzo comma dell’art. 2527 c.c. che, derogando al principio della par condicio dei soci, prevede il collocamento in questa speciale categoria in ragione dell’interesse alla formazione del socio ovvero dal suo inserimento nell’impresa. Si tratta, in concreto, di un socio ammesso in prova, i cui diritti e doveri dovrebbero essere specificatamente determinati dall’atto costitutivo.

Questa figura può risultare particolarmente importante nei casi in cui il rapporto mutualistico richieda specifiche competenze; ad esempio, con riferimento alle cooperative di conferimento, può risultare fondamentale una verifica delle caratteristiche e della qualità dei prodotti conferiti.

L’ammissione del socio in questa categoria avviene per un periodo limitato di tempo, della durata massima di 5 anni, decorso il quale potrà godere dei diritti spettanti altri soci cooperatori.

I soci inseriti in questa categoria speciale non possono in ogni caso superare un terzo del numero totale. Anche al fine di far fronte alla endemica sottocapitalizzazione delle cooperative e alla conseguente esigenza di ricercare finanziamenti alternativi a quelli offerti dal settore bancario, il Legislatore ha previsto, inoltre, alcune categorie di soci il cui rapporto mutualistico si concretizza esclusivamente nell’apporto di capitale a fronte di una remunerazione dello stesso.

In particolare, con l’art. 4 L. 59/1992 è stata definita la figura del socio sovventore, il quale sottoscrive capitale destinato alla costituzione di fondi per lo sviluppo tecnologico o per la ristrutturazione o il potenziamento aziendale.

Vi è da dire che la natura di questo soggetto, con riferimento ai rapporti nei confronti della cooperativa, appare ambigua: certamente si tratta di un socio a tutti gli effetti, in quanto i relativi conferimenti sono rappresentati da azioni nominative trasferibili dotate del diritto di voto in assemblea; tuttavia, il relativo apporto si concretizza unicamente nella sottoscrizione di uno strumento finanziario, così come avviene, ad esempio, per gli obbligazionisti delle società per azioni. Sebbene lo statuto possa stabilire particolari condizioni per la ripartizione degli utili e la liquidazione delle azioni a favore dei soci sovventori, la diffusione di questa figura trova un concreto limite nel tasso di remunerazione del capitale offerto, che non può essere maggiorato di oltre il 2% rispetto a quello stabilito per gli altri soci. Si tenga presente, infatti, che il capitale dei soci cooperatori non viene normalmente remunerato e, pertanto, il tasso del 2% rappresenta, di fatto, la massima remunerazione dei soci sovventori.

Infine, una ulteriore figura di socio, di fatto sovrapponibile a quella del sovventore, è quella più generica del socio finanziatore di cui all’art. 2526 c.c., i cui finanziamenti, tuttavia, non sono vincolati a specifici utilizzi.

Per entrambe queste ultime due categorie di soci, è possibile derogare al principio del voto capitario, ma i voti complessivi non devono in ogni caso superare un terzo di quelli spettanti a tutti i soci, limitandone in tal modo l’ingerenza nella governance societaria, che deve restare stabilmente nelle mani dei soci cooperatori.